L. R. 21 Maggio 1980 - N. 59
Norme per gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente.
(Pubbl.
Bollettino Ufficiale della Regione Toscana del 30.5.1980 - N. 32 )
Gli Articoli: dal 2 al 16 e l’Allegato, sono
abrogati dalla L. R. 14 Ottobre 1999 – N°52
Articolo 1
(Finalità)
La presente L.
disciplina gli interventi
sul patrimonio edilizio
esistente.
Gli interventi sono
finalizzati al recupero dell’edificato, al superamento delle condizioni di
degrado presenti nelle zone di
recupero di cui all’art. 27 della
L. 5 agosto 1978 n. 457, nonché a
conseguire:
a) la valorizzazione degli
assetti sociali e
produttivi esistenti;
b) le
utilizzazioni compatibili rispetto
ai caratteri degli
immobili, tese al riequilibrio delle funzioni sul territorio;
c) il
soddisfacimento delle esigenze
residenziali e il recupero delle attività produttive compatibili;
d) la dotazione dei
servizi pubblici e
collettivi e degli standard di L.;
e) la tutela e la
valorizzazione dei caratteri
culturali, espressivi, ambientali
e di testimonianza
storica degli edifici, nonché delle aree di particolare
valore paesistico.
TITOLO I
INTERVENTI SUL
PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE
Articolo 2
(Definizione degli interventi sul patrimonio edilizio
esistente)
Gli interventi sul patrimonio edilizio esistente sono:
a) la manutenzione ordinaria;
b) la manutenzione straordinaria;
c) il restauro ed il risanamento conservativo;
d) la ristrutturazione edilizia;
e) la ristrutturazione urbanistica.
Le opere e gli interventi ricadenti nelle suddette
categorie sono specificati nell’allegato
alla presente L.. Le definizioni in esso contenute prevalgono su
quelle degli strumenti urbanistici generali e dai regolamenti edilizi.
Articolo 3
(Norme sulla manutenzione straordinaria)
I Comuni provvedono ad integrare i propri regolamenti
edilizi per dettare norme relative alla
documentazione da allegare
alle domande di autorizzazione
ad eseguire i lavori di manutenzione
straordinaria ai sensi dell’art. 48 della L. 5-8-1978, n.
457.
Fino a che non sia divenuta esecutiva la deliberazione
comunale prevista dal comma precedente,
l’istanza rivolta al Sindaco deve essere corredata da apposita relazione nella
quale siano indicate
le caratteristiche
dell’edificio e degli interventi
previsti, comprendente documentazione fotografica, nonché,
quando necessario, adeguata rappresentazione grafica
delle parti interessate ai
lavori. Deve essere inoltre indicato il nominativo del direttore
dei lavori, ove
previsto nella legislazione vigente, e quello dell’assuntore
dei lavori.
Nell’atto di
autorizzazione sono indicati i
termini di inizio e di ultimazione dei
lavori e le eventuali
modalità esecutive degli
interventi.
Il termine di
inizio non può essere superiore a un
anno; il termine di ultimazione
non può essere superiore a tre anni. Nel caso di cui al
secondo comma dell’art. 48 della
L. 5 agosto 1978, n. 457, il termine per
l’ultimazione dei lavori decorre
dalla data della comunicazione al Sindaco del loro inizio.
Nell’esecuzione degli
interventi di manutenzione straordinaria devono comunque essere rispettate le eventuali prescrizioni dei regolamenti
edilizi o degli strumenti urbanistici in ordine ai materiali e ai
colori da usare;
non devono inoltre
essere alterati i caratteri
espressivi degli edifici riguardo sia
agli elementi architettonici e decorativi sia all’arredo urbano.
Qualora i lavori
di manutenzione siano effettuati senza
che sia stata negata, o i lavori siano
iniziati prima della scadenza del termine di cui al secondo comma dell’art. 48
della citata L. 5 agosto 1978, n. 457, ovvero siano effettuati in difformità
dalla autorizzazione stessa, si
applica una sanzione
amministrativa pari al costo presunto delle opere eseguite.
Agli effetti del comma precedente, sono responsabili in
solido il committente, il direttore e l’assuntore dei lavori.
Nel caso di cui al secondo
comma dell’art. 48 della L. 5
agosto 1978, n. 457, qualora il richiedente dia corso ai lavori
senza darne comunicazione al Sindaco, si
applica una sanzione
amministrativa da lire 100.000 a L. 300.000.
Nei casi di
violazione delle prescrizioni di cui al quinto comma e nei casi contemplati dal
sesto comma del presente Articolo - in alternativa alle sanzioni pecuniarie per
questi ultimi previste - il Sindaco può,
qualora lo richieda
l’interesse pubblico, ordinare
la rimessione in pristino o l’adeguamento delle opere, ai
sensi dell’Articolo 32 della L. 17 agosto 1942, n. 1150.
Articolo 4
(Interventi ammissibili sul patrimonio edilizio esistente)
Nelle zone omogenee
classificate "A "ai sensi del
D.M. 2 aprile 1968 n. 1444
ed in quelle ad esse
assimilate dagli strumenti urbanistici vigenti sono consentiti i seguenti
interventi sul patrimonio edilizio
esistente, ancorché dagli
strumenti urbanistici non previsti o subordinati a piano
particolareggiato, fermo restando quanto previsto dall’art. 14 della presente
Legge:
a) gli interventi di cui alle lettere a), b) e c)
dell’Articolo 2 della presente Legge;
b) gli interventi
di cui alla lettera D
1 dell’allegato alla presente Legge con esclusione di quelli relativi
agli immobili oggetto di notifica ai
sensi della L. 1 giugno 1939 n. 1089 e
agli immobili ad essi assimilati ai sensi del punto 2) del secondo comma del successivo Articolo 7.
Nelle zone
omogenee diverse da
quelle classificate A
"sono consentiti tutti gli
interventi previsti dallo
strumento urbanistico, esclusi
quelli riguardanti gli
edifici oggetto di notifica ai sensi della
L. 1 giugno 1939, n. 1089, per i quali sono consentiti unicamente gli interventi di cui alla lettera a) del comma precedente.
Nelle zone di
cui all’art. 1, comma 1, della L. R. 19
febbraio 1979, n. 10, resta ferma la disciplina prevista da detta Legge e dalle
successive modificazioni.
Gli interventi di
cui al presente
Articolo non potranno comportare destinazioni d’uso in contrasto con quelle consenti e dal
vigente strumento urbanistico comunale, o
- in mancanza di tali previsioni
- destinazioni diverse da quelle
in atto al momento di
entrata in vigore della presente Legge, a meno che, previo parere motivato espresso con deliberazione del Consiglio Comunale,
soggetta al solo controllo
di legittimità di cui
all’art. 59 della L. 10 dicembre 1953 n.
62, non sia consentita la destinazione di
singoli edifici ad uso pubblico, per attività sanitarie, culturali,
ricreative, scolastiche, o a sedi di uffici di enti pubblici.
In difetto di
specifiche previsioni dello strumento
urbanistico comunale, possono essere
consentite, con la stessa
procedura, anche utilizzazioni ad
uso residenziale per singoli immobili o complessi edilizi
riconosciuti non più
necessari agli usi precedenti, o per parti
di edifici in funzione di adeguamenti igienico -
funzionali rispetto alla
prevalente destinazione
residenziale in atto.
Gli interventi sugli
immobili non più
utilizzati a fini agricoli, di cui all’Articolo 9 della L.
R. 19 febbraio 1979, n. 10 e successive
modificazioni, sono ammissibili
se finalizzati a conseguire uso residenziale.
Eventuali altre
destinazioni potranno essere
ammesse solo sulla base di piani di recupero ai
sensi dell’Articolo 11,
ultimo comma, della presente Legge.
Nelle zone di
recupero di cui all’art. 27 della L. 5 agosto 1978 n. 457 -
ad esclusione che per gli immobili, i complessi edilizi, gli isolati o
le aree soggetti al disposto di cui al terzo comma dello stesso
Articolo - sono consentiti, oltre agli interventi sul
patrimonio edilizio esistente
previsti dagli ultimi 2
commi del suddetto art. 27, anche
quelli di cui al presente Articolo ed al seguente Articolo
5.
Per le zone assoggettate al piano di recupero deve inoltre
essere osservato il disposto
dell’art. 27, ultimo comma della L. 5 agosto 1978 n. 457.
Articolo 5
(Disciplina degli
interventi sul patrimonio
edilizio esistente con variante allo
strumento urbanistico vigente)
Al fine di
adeguare lo strumento urbanistico alle finalità di cui al precedente Articolo 1, i
Comuni possono adottare
una variante che definisca
il complesso degli
interventi sul patrimonio
edilizio esistente secondo le categorie previste dal precedente Articolo
2.
Per tale variante non é necessaria l’autorizzazione
regionale.
Con la predetta variante:
- si procede alla classificazione dei singoli immobili,
complessi edilizi, isolati o aree,
sulla base di parametri riferiti
ai caratteri architettonici e
urbanistici, al grado
di testimonianza storica,
al
valore culturale
espressivo ed ambientale ed alla tipologia;
- si indicano
le destinazioni d’uso eventualmente
incompatibili con i caratteri di cui al
precedente alinea, tenuto conto anche
delle utilizzazioni in atto e delle esigenze del recupero;
- si disciplinano per categorie omogenee:
a) i tipi
di intervento ammissibili,
in rapporto alle
definizioni di cui al precedente Articolo 2;
b) le modalità di
attuazione degli interventi,
le unità minime degli
interventi stessi o i criteri
per la loro successiva individuazione, le
tecnologie;
c) i parametri per
gli standard edilizi e tipologici, igienico-funzionali e tecnologici.
In presenza di
particolari caratteristiche tipologiche
ed espressive degli edifici,
al solo scopo
di agevolare il mantenimento delle funzioni residenziali in atto, o l’eventuale recupero delle stesse nel
rispetto delle caratteristiche, la variante di cui al
comma precedente può prevedere deroghe alle vigenti disposizioni in
materia di altezze minime interpiano e di standard tecnologici e
igienico-sanitari.
Per l’approvazione
della variante di cui
al primo comma
si seguono le procedure di cui all’Articolo 10 della L. 17 agosto 1942
n. 1150 e successive modificazioni e
integrazioni anche nel caso di programmi di fabbricazione e di regolamenti
edilizi.
La classificazione e
la disciplina normativa di cui i precedenti commi, potranno essere disposte con atti
separati ciascuno dei quali riguardanti
una o più zone, o parti
di esse, purché costituenti ambiti unitari organici.
Potranno essere
prescritti, per i vari tipi di
interventi sul patrimonio edilizio esistente, particolari materiali,
tipologie o modalità costruttive in relazione alle peculiarità dei relativi
centri abitati e alle opere di cui alle categorie di intervento di
cui all’art. 2.
La variante adottata
deve essere trasmessa alla Regione entro 90 giorni dalla data di
scadenza dei termini entro 90 giorni dalla data di scadenza dei termini entro cui possono essere
presentate
osservazioni ai sensi dell’Articolo 9 della L. 17 agosto
1942, n. 1150. Trascorso detto termine, non
sono più applicabili le misure di
salvaguardia rispetto ad
interventi ammessi dalla presente Legge.
Articolo 6
(Contenuto della variante)
L’atto di cui all’Articolo precedente é formato da:
a) una relazione illustrativa dei dati conoscitivi dei
criteri di base della classificazione e
della normativa, dello stato dei servizi e
delle infrastrutture urbane
esistenti, degli obiettivi e
delle finalità di cui
al secondo
comma del precedente Articolo 1. In
caso di degrado ambientale per
la presenza di fenomeni di
dissesto idrogeologico, la relazione
sarà corredata da
perizia tecnica a
firma di
geologo abilitato
all’esercizio professionale e
dal progetto di
massima degli interventi di consolidamento;
b) una cartografia
in scala 1: 1.000/1: 2.000 sulla quale sono riportati
distintamente la classificazione, i
tipi di intervento ammissibili e le destinazioni
consentite;
c) l’elenco degli immobili, nonché dei complessi edilizi e
delle aree di rilevante valore
storico, artistico, ambientale, anche in
rapporto alle notificazioni di cui
alla L. 1 giugno 1939, n. 1089 e agli ambiti
assoggettati alla
L. 29 giugno 1939, n. 1497;
d) l’elenco delle
costruzioni esistenti nelle zone
agricole che ono ritenute, ai sensi dell’ultimo
comma dell’Articolo 1 della L. R. 19 febbraio 1979, n. 10 di particolare valore culturale o ambientale;
e) gli elementi
costituenti l’arredo urbano da salvaguardare e valorizzare;
f) le norme di attuazione degli interventi previsti.
Articolo 7
(Procedure per
consentire nelle zone "A "in assenza di variante, gli
interventi di cui alla lettera D 2 dell’allegato)
Gli interventi
di cui alla
lettera D2 dell’allegato
alla presente Legge possono essere
attuati nei singoli immobili
o complessi edilizi ricadenti
nelle zone omogenee classificate
"A" e in quelle
ad esse assimilate
dai vigenti strumenti urbanistici, anche in assenza
della variante di cui al precedente Articolo 5,
fatta eccezione per quegli
immobili e complessi edilizi compresi in elenchi
appositamente redatti dai Comuni.
Nei precedenti
elenchi sono inclusi gli immobili, i
complessi edilizi e le zone edificate aventi carattere architettonico e urbanistico significativo per testimonianza storica, per valore culturale ed
ambientale, per connotazione
tipologica o di aggregazione, effettuandosi, fra
tali immobili, la
seguente distinzione:
1) immobili
dichiarati di interesse storico o artistico ai sensi della L. 1 giugno 1939, n. 1089;
2) quelli di speciale
interesse, parificati, agli
effetti dell’Articolo 4 della
presente L., agli immobili suddetti;
3) immobili o complessi edilizi diversi da quelli
precedenti.
Dell’elenco
possono far parte
anche in singoli
immobili e complessi edilizi ricadenti
in zone omogenee classificate in modo diverso dalle "A "nei vigenti strumenti
urbanistici, quando essi abbiano caratteri
architettonici e urbanistici analoghi a quelli di cui al secondo
comma del presente Articolo, fermo restando quanto specificatamente
disciplinato all’ultimo comma dell’art. 1 della L.R. 19 febbraio 1979, n. 10.
Negli immobili di
cui ai punti 1) e
2) possono attuarsi gli interventi indicati alla lettera a) del
precedente Articolo 4.
Gli elenchi sono
adottati senza la
prescritta autorizzazione
regionale e sono approvati con la
procedura prevista per le
varianti agli strumenti urbanistici.
Con i provvedimenti
di approvazione la Regione può
apportare agli elenchi le
modifiche e le integrazioni ritenute necessarie, secondo le procedure di cui alla vigente legislazione in
materia urbanistica.
Gli interventi di cui alla lettera D2 dell’allegato alla
presente Legge sono consentiti
negli immobili o
complessi edilizi ricadenti
nelle zone omogenee classificate "A "o in
quelle ad esse assimilate dai
vigenti strumenti urbanistici, che non siano compresi nei
suddetti elenchi, solo
dopo l’approvazione definitiva
degli elenchi stessi da parte della Regione.
TITOLO II
ZONE DI RECUPERO E
DISCIPLINA DEI PIANI DI RECUPERO
Articolo 8
(Categorie di degrado)
Agli effetti della
individuazione delle zone di recupero di
cui all’art. 27 della L. 5 agosto
1978 n. 457 sono definite le
seguenti categorie di degrado:
a) degrado
urbanistico, ove vi sia carenza della funzionalità dell’impianto
urbano dovuta a insufficienza degli standard di cui al
D.M. 2 aprile
1968 n. 1444,
o delle opere
di urbanizzazione primaria
e secondaria;
b) degrado fisico,
ove le condizioni d’uso dei singoli edifici o
complessi edilizi siano
ridotte a causa
delle precarie condizioni di staticità connesse all’usura del
tempo o ad inadeguate
tecniche
costruttive rispetto
alla funzione dell’immobile, ovvero a causa della
fatiscenza delle strutture e delle
finiture, della inadeguatezza tipologica rispetto alle esigenze
funzionali, della carenza
o
inadeguatezza degli impianti
tecnologici;
c) degrado igienico,
ove vi sia mancanza o insufficienza degli impianti igienico - sanitari,
sia come dotazione che
come organizzazione funzionale,
o insufficiente aerazione
e illuminazione diurna,
nonché ridotte
condizioni di abitabilità e
di utilizzazione in
relazione all’impianto planivolumetrico o alla presenza
di condizioni generali di
umidità;
d) degrado
socio - economico,
ove sussistano condizioni
di abbandono, di sotto utilizzazione o
sovraffollamento degli immobili, o
- comunque - vi sia impropria utilizzazione degli stessi, ovvero
sussistano
strutture produttive non compatibili con le
preesistenti funzioni
residenziali, o siano presenti
fenomeni comportanti la
sostituzione del tessuto sociale
e delle forme produttive ad esso
integrate;
e) degrado
geofisico, in presenza di
fenomeni di dissesto
idrogeologico richiedenti complessi interventi di
consolidamento dei substrati dell’abitato,
di aree libere
impropriamente utilizzate o
su cui insistono
ruderi di edifici distrutti da eventi
naturali o artificiali, di superfetazioni
che alterino la
morfologia e l’impianto
storico - architettonico dell’immobile, del
complesso edilizio o
dell’impianto urbano, nonché
nei casi di impropria utilizzazione, abbandono o impoverimento fisico
delle aree libere urbane ed extraurbane.
Articolo 9
(Piani di recupero)
All’interno delle
zone di recupero, gli immobili, i
complessi edilizi, gli isolati
e le aree per le
quali il rilascio della concessione é
subordinato alla formazione dei piani di recupero di cui all’Articolo 28 della L.
5 agosto 1978 n. 457 sono individuati dal Comune con
deliberazione consiliare soggetta al solo controllo di legittimità di
cui all’Articolo 59 della L. 10 febbraio
1953 n. 62. Tale deliberazione può essere
presa anche contestualmente a quella di adozione del piano di recupero.
Il Comune procede
alla individuazione di cui al comma precedente in relazione alle condizioni di
cui al precedente Articolo.
Proposte di piani
di recupero di cui al
primo comma possono essere presentate anche dai
proprietari qualora rappresentino, in base all’imponibile catastale, almeno i tre
quarti del valore degli immobili
interessati.
Ai piani di
recupero di iniziativa dei privati si applicano le disposizioni
di cui all’art. 10 della
L. 5 agosto 1978, n. 457.
Il piano di recupero
prevede la disciplina per il recupero degli immobili, dei complessi edilizi, degli isolati
e delle aree di cui al primo comma del presente Articolo.
In particolare esso può indicare:
- gli assetti di massima degli edifici;
- gli eventuali
edifici o spazi riservati ad opere, attrezzature o impianti di interesse
pubblico;
- gli interventi di rilevante e preminente interesse
pubblico;
- gli edifici,
o le parti di essi, eventualmente
destinati alla demolizione;
- le unità minime di intervento;
- i tipi edilizi e le eventuali tecnologie;
- le modalità, i
tempi di attuazione,
le finalità degli
interventi e le eventuali convenzioni tipo;
- gli interventi alla cui attuazione siano tenuti i
proprietari e quelli ai quali deve
provvedere il Comune;
- le modalità
sostitutive da parte del
Comune nel caso
di inadempienza dei privati
tenuti all’attuazione degli
interventi.
Articolo 10
(Elaborati del piano di recupero)
Fanno parte del piano di recupero i seguenti elaborati:
a) descrizione
storica, fisica, sociale
e patrimoniale dell’immobile
o degli immobili assoggettati
al piano, con
elenco dei proprietari e piano particellare delle proprietà da espropriare o sottoposte
a particolari
vincoli, nonché con planimetria in scala 1:
200 indicante lo stato attuale delle
funzioni e le carenze igienico -
sanitarie, strutturali e
tecnologiche;
b) relazione
illustrativa degli obiettivi del
piano e delle
modalità di conseguimento,
corredata dalle norme tecniche di
attuazione, dalle planimetrie
in scala
adeguata contenenti l’eventuale rilievo degli
immobili e delle
aree e indicanti i tipi di intervento,
le unità minime di interventi, le nuove unità abitative e funzionali, le
eventuali destinazioni d’uso diverse da quelle residenziali, gli interventi di
preminente e
rilevante
interesse pubblico; la relazione individua inoltre i soggetti operatori
e le eventuali
modalità di convenzionamento. In caso di degrado
ambientale per la presenza di fenomeni di
dissesto idrogeologico, la
relazione sarà corredata
da perizia tecnica a firma
di geologo abilitato all’esercizio
professionale ed il progetto di massima
degli interventi di
consolidamento;
c) le eventuali convenzioni - tipo;
d) relazione di previsione
di massima delle spese occorrenti per l’eventuale acquisizione di aree, immobili i porzioni di essi e per le
sistemazioni generali necessarie per l’attuazione del piano;
e) programma di
attuazione e di coordinamento degli atti e degli interventi necessari a
realizzare il piano.
Qualora il piano
di recupero interessi
immobili, complessi edilizi
o aree ricadenti sotto il
vincolo di cui alla L. 29 giugno 1939,
n. 1497, esso dovrà essere
redatto - per le parti oggetto del
vincolo stesso - nelle forme di cui al terzo comma dell’Articolo 3
della L. R. 2 novembre 1979 n. 52.
Articolo 11
(Formazione ed approvazione del piano di recupero)
Il piano di recupero
é adottato dal
Consiglio Comunale e depositato presso la Segreteria
del Comune per la
durata di trenta giorni
consecutivi.
Dell’eseguito deposito
é data immediata notizia
al pubblico mediante avviso da affiggere
all’Albo del Comune e da inserire
nel Foglio Annunzi Legali
della Provincia, nonché
mediante manifesti.
Nei trenta giorni
successivi alla scadenza
del periodo di deposito potranno essere presentate opposizioni, in ordine alle quali il Consiglio Comunale decide in
sede di approvazione del piano a
norma del secondo comma dell’Articolo 28 della L. 5 agosto 1978, n.
457.
Normative o interventi in contrasto con gli strumenti
urbanistici vigenti possono essere
previste dal piano di recupero soltanto attraverso la contestuale adozione di apposita variante. In tal caso, peraltro,
le parti del
piano non in
contrasto sono immediatamente
operanti dal momento in cui diventa esecutiva la delibera di adozione, ai sensi dell’art. 28, secondo
comma della L. 5 agosto 1978 n. 457
a condizione che tali parti
risultino espressamente dal piano.
Non é necessaria la variante, qualora
gli interventi, anche
se non previsti
dallo strumento urbanistico,
sono ammessi ai sensi degli
artt. 4 e
7 della presente Legge.
Per gli immobili
di cui all’Articolo 9 della L.R. 19 febbraio
1979, n. 10 e successive
modificazioni, il piano di
recupero può prevedere destinazioni anche
diverse da quella residenziale, nonché
realizzazioni di un
numero di unità abitative superiore
a quello esistente,
ferma restando l’esclusione
di tipologie riferibili a residence o complessi di mini-appartamenti
o monolocali.
Articolo 12
(Rapporto fra
piani di recupero
e programmi pluriennali
di attuazione)
Gli interventi sul
patrimonio edilizio esistente compresi
nei piani di recupero
approvati, costituiscono parte
integrante dei programmi pluriennali di
attuazione previsti dall’art. 13 della
L. 28 gennaio 1977 n. 10. A tale effetto, i Comuni obbligati
alla redazione dei programmi pluriennali
di attuazione, o che di tali programmi
si siano comunque
dotati, provvedono a dare
immediata comunicazione alla
Giunta Regionale dei
piani di recupero approvati,
trasmettendone copia.
Gli interventi sul patrimonio edilizio esistente non
compresi nei piani di recupero
devono comunque ritenersi
automaticamente inclusi nei
programmi pluriennali di attuazione, fatta eccezione per gli interventi
di cui alla lettera e) del precedente Articolo 2, per i quali si procede all’inserimento nei
suddetti programmi secondo le procedure
di cui all’Articolo 5 della L.R. 24 agosto 1977 n. 60.
Se con l’adozione
del piano di recupero si
dimostri di avere provveduto al
soddisfacimento di una
quota del fabbisogno abitativo tenuto a base
del vigenti programma pluriennale
di attuazione, possono essere
deliberate varianti al
programma stesso, secondo le
modalità e le
procedure stabilite
dall’Articolo 8 della L. R. 24 agosto 1977 n. 60.
Articolo 13
(Attuazione degli interventi previsti dai piani di
recupero)
All’attuazione dei
piani di recupero provvedono i
Comuni nei seguenti casi:
a) per gli
interventi che essi intendono eseguire direttamente per il recupero del
patrimonio edilizio degli enti pubblici, anche avvalendosi
degli istituti autonomi
per le case
popolari;
b) per gli interventi di adeguamento delle urbanizzazioni;
c) per gli interventi
di rilevante e
preminente interesse pubblico, anche mediante il convenzionamento
con i privati.
L’approvazione dei piani
di recupero equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza di tutte le opere riguardanti
gli interventi di cui alle
lettere b) e
c) del precedente comma. I Comuni
possono affidare la realizzazione
delle opere di urbanizzazione ai proprietari singoli o riuniti in consorzio,
che eseguono gli interventi previsti dai
piani di recupero.
Gli interventi di
cui alla lettera c) sono individuati come tali dal piano
di recupero, sulla
base di congrue
ed espresse motivazioni.
All’attuazione degli
interventi che non competono al Comune
a norma del primo comma,
del presente Articolo,
provvedono i proprietari
degli immobili e delle aree,
singoli o riuniti in consorzio.
I proprietari,
singoli o riuniti in consorzio,
possono altresì chiedere di realizzare,
mediante convenzionamento con il Comune, gli interventi di
rilevante e preminente
interesse pubblico previsti dal
piano di recupero ai quali siano interessate le loro aree ed i loro immobili.
In caso di
inerzia dei proprietari, trascorsi i tempi previsti dai piani di recupero,
il Comune, previa diffida ad
iniziare i lavori entro il termine di un
anno, ha la facoltà di provvedere all’esecuzione delle
opere previste dal
piano, mediante occupazione temporanea,
con diritto di
rivalsa delle spese sostenute, nei confronti dei
proprietari.
Nei Comuni esonerati
dall’obbligo di dotarsi
di programmi pluriennali di attuazione ai
sensi dell’Articolo 3 della L.R.
24 agosto 1977, n. 60
gli interventi che secondo i piani di
recupero devono essere attuati
dai privati, in caso di inerzia dei
medesimi, possono essere attuati dal Comune mediante esproprio.
L’esproprio può aver luogo solo
dopo che il Comune abbia diffidato i proprietari delle unità minime di
intervento a dare corso alle opere previste dal piano di recupero con inizio
delle stesse in un termine non inferiore ad un anno.
Per i Comuni che
adottano i programmi pluriennali di attuazione, ai sensi dell’Articolo 13 della L. 28 gennaio 1977, n.
10, la diffida di cui al comma precedente può effettuarsi, ai
fini dell’esproprio, soltanto una volta decorso il termine di scadenza
del programma nel quale ciascun piano di recupero approvato viene incluso.
Alle occupazioni
ed alle espropriazioni di cui al
presente Articolo si applicano
le disposizioni di cui al Titolo II
della L. 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni.
TITOLO III
NORME FINALI
Articolo 14
(Strumenti Urbanistici Vigenti)
I piani
particolareggiati, i piani
per l’edilizia economica e popolare
e le varianti
agli strumenti urbanistici
generali finalizzati a regolamentare
gli interventi di
recupero del patrimonio
edilizio esistente, approvati alla data
di entrata in vigore della presente L., sono fatti salvi nei confronti delle
presenti norme, fermo restando il disposto dell’Articolo 34 della L. 5 agosto
1978, n. 457.
Articolo 15
(Rilascio temporaneo degli immobili)
Per il trasferimento
e la sistemazione temporanea delle famiglie che abitano in immobili
nei quali l’intervento di recupero è realizzato dal Comune, questo
provvede:
a) utilizzando la
riserva di alloggi di cui all’art. 10
del D.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035;
b) utilizzando, anche attraverso l’acquisto di alloggi
esistenti, i fondi
che saranno determinati
dalla Regione ai
sensi dell’art. 29, L. 5 agosto 1978, numero 457.
Articolo 16
(Oneri di urbanizzazione relativi agli interventi di
recupero del patrimonio edilizio esistente)
Con
deliberazione comunale, soggetta
al solo controllo
di legittimità di cui all’art. 59
della L. 10 febbraio 1953, n. 62, ai
coefficienti di cui ai nn. 1
e 2 delle tabelle C e C1, allegate alla
L.R. 24 agosto 1977, n. 60, possono essere apportate riduzioni non superiori al
60% dei valori ivi indicati.
Tali riduzioni possono essere
differenziate per le singole categorie
di intervento di cui all’art. 2
della presente Legge, o per
gruppi di esse e sono comunque
comprensive di quelle previste
dall’Articolo 19 della
citata L. R. n.
60. Sono comunque esclusi da tali
riduzioni gli interventi riguardanti
immobili, complessi
edilizi o singoli alloggi che
siano censiti al Nuovo Catasto
Edilizio Urbano in categoria di lusso ai
sensi della normativa vigente.
Il testo delle
descrizioni degli interventi indicati ai punti 1, 2 e 3 delle tabelle C e C1, allegate alla citata
L. R. n. 60, é così modificato:
"1)
interventi di restauro e risanamento conservativo
2) interventi di
ristrutturazione edilizia
3) interventi di
nuova edificazione:
a) con indice
di fabbricabilità inferiore
a 1,5 mc
/mq, oppure nel caso
di ricostruzione, a
seguito di demolizione, senza aumento di volumi ".
Restano immutati la
descrizione dei rimanenti interventi di
cui al n. 3 e le altre indicazioni delle tabelle.
Articolo 17
(Contributi e agevolazioni)
Per agevolare la
formazione delle varianti di cui al
precedente Articolo 5 e dei piani di
recupero di iniziativa comunale,
la Regione concede ai
Comuni interessati contributi
ai sensi dell’art. 2 della
L. regionale 17
gennaio 1973 n.
8 e successive modificazioni.
I Comuni che
provvedono entro un anno dalla
entrata in vigore della presente
L., alla redazione degli elenchi di
cui al precedente Articolo 7
o di quelli
di cui all’ultimo
comma dell’Articolo 1 della
L. regionale 19 febbraio 1979, n. 10, possono ottenere dalla Regione
il rimborso fino al 90%
delle spese occorse per la redazione degli elenchi stessi, fino a un massimo di Lire
10.000.000 per ogni Comune.
I contributi di cui
ai precedenti commi possono riguardare anche le spese incontrate dai Comuni per
rilievi, ricerche storiche, documentazione e comunque per l’acquisizione di dati
conoscitivi relativi al patrimonio edilizio esistente, ivi compresi i rilievi
aerofotografici.
Al fine di
favorire interventi di
recupero sul patrimonio
edilizio esistente, la Regione
promuove convenzioni con istituti di credito
per la concessione di mutui a
tasso agevolato ai Comuni e ai privati.
Articolo 18
(Disposizioni finanziarie)
All’onere derivante
dall’applicazione di quanto
previsto dal secondo comma
del precedente art. 17 é fatto
fronte mediante l’istituzione, nel
bilancio 1981, di apposito capitolo con
la seguente denominazione:
"Rimborso ai comuni per la
formazione degli elenchi di
cui all’art. 7 della LR n. 51 del 9-4-80 (AC) "il cui
stanziamento sarà determinato
dalla stessa Legge
di bilancio.
Articolo 19
(Modifiche alla L. regionale 28 maggio 1975, n. 56)
All’Articolo unico
della L. regionale 28 maggio
1975, n. 56, modificato con L. R. 19 agosto 1976, n.
56, recante norme per gli
interventi nei centri storici, sono apportate le seguenti
modifiche.
I commi secondo e terzo sono abrogati.
Il primo periodo del quarto comma é così sostituito:
"Gli
interventi di recupero sul patrimonio
edilizio esistente compresi quelli non previsti dall’art. 4 della L. R. sulla
Disciplina degli interventi
sul patrimonio edilizio
esistente possono essere
effettuati
anche attraverso
i seguenti strumenti attuativi di
piani regolatori generali e programmi di fabbricazione ".
Gli ultimi due commi sono abrogati.
ALLEGATO
(Definizione degli interventi sul patrimonio edilizio
esistente)
A) Manutenzione ordinaria
Gli interventi di
manutenzione ordinaria sono
quelli che riguardano le opere di
riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici
e quelle necessarie a integrare o
mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.
Tali interventi
non possono comunque
comportare modifiche o alterazioni
agli elementi architettonici o
decorativi degli edifici.
B) Manutenzione straordinaria
Gli interventi
di manutenzione straordinaria
sono costituiti dalle opere
e dalle modifiche
necessarie per rinnovare
e sostituire le parti anche
strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed
integrare i servizi
igienico - sanitari
e tecnologici, sempre che
non alterino i volumi e
le superfici delle singole unità
immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d’uso.
Tali opere e
modifiche non potranno
comunque comportare alterazioni
alle strutture orizzontali
o a quelle
verticali aventi carattere strutturale, né potranno comportare
alterazioni del carattere architettonico dell’edificio.
Sono interventi di
manutenzione straordinaria le seguenti opere, quando siano eseguite con
materiali, caratteri o colori diversi da quelli esistenti.
1) rifacimento di
intonaci e coloriture esterne;
2) rifacimento degli
infissi esterni;
3) rifacimento della
sistemazione esterna;
4) rifacimento dei
pavimenti o rivestimenti interni ed esterni;
5) rifacimento del
manto di copertura.
In particolare sono
considerati interventi di
manutenzione straordinaria quelli
sotto elencati, quando comportino esecuzione di opere murarie:
6) rifacimento o
installazione di materiali di isolamento;
7) rifacimento o
installazione di impianti di
riscaldamento o raffreddamento;
8) rifacimento
o installazione di impianti di
ascensore o montacarichi;
9) rifacimento o
installazione di impianti di
accumulazione o sollevamento idrico;
10) rifacimento di impianti igienico sanitari.
Sono comunque considerate interventi
di manutenzione straordinaria
le seguenti opere:
11) installazione
di impianti igienico
- sanitari ricavati
nell’ambito del volume dell’unità immobiliare;
12) realizzazione di
chiusure o di aperture
interne che non
modifichino lo schema distributivo;
13) consolidamento delle strutture di fondazione o di
elevazione;
14) costruzione di vespai o scannafossi.
C) Restauro e risanamento conservativo
Gli interventi di
restauro e di risanamento conservativo sono quelli rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad
assicurare la funzionalità mediante
un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e
strutturali dell’organismo stesso,
ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili.
Tali interventi comprendono il consolidamento, il
ripristino e il rinnovo degli elementi
costitutivi dell’edificio, l’inserimento
degli elementi accessori
e degli impianti
richiesti dalle esigenze dell’uso
l’eliminazione degli elementi
estranei all’organismo edilizio.
D) Ristrutturazione edilizia
Gli interventi di ristrutturazione edilizia sono quelli
rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di
opere che possono portare ad un
organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente. Tali
interventi comprendono il ripristino o
la sostituzione di
alcuni elementi costitutivi dell’edificio, la eliminazione, la modifica e
l’inserimento di nuovi elementi ed impianti.
Le opere di
ristrutturazione edilizia si
suddividono nelle seguenti
categorie:
D1 - Opere che comportino anche la riorganizzazione funzionale interna
delle singole unità immobiliari, senza che
ne siano alterati i volumi e
le superfici, con modifiche agli elementi verticali non
strutturali, e fermi
restando i caratteri architettonici e decorativi dell’edificio, nonché gli elementi costituenti arredo
urbano.
D2 - Le opere che,
anche in deroga agli artt. 7, 8 e 9 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, comportino
la riorganizzazione funzionale interna delle singole unità immobiliari e il
loro adeguamento igienico -
sanitario, con modifiche non
incidenti anche sugli
elementi verticali strutturali per:
- costruzione di servizi igienici in ampliamento della
volumetria esistente;
- rialzamento
dell’ultimo piano, nel caso che
questo risultiabitato e senza che
si costituiscano nuove unità immobiliari;
- ristrutturazione
e destinazione residenziale di
volumidestinati ad altri usi.
D3 - Opere che comportino la ristrutturazione e la modifica
anche degli elementi strutturali
orizzontali dell’edificio, fino allo
svuotamento dell’involucro edilizio.
E) Ristrutturazione urbanistica
Gli interventi di
ristrutturazione urbanistica sono
quelli rivolti a sostituire
l’esistente tessuto urbanistico -
edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi
anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli
isolati e della rete stradale.
Le opere di
ristrutturazione urbanistica si suddividono
nelle seguenti categorie:
- Opere che comportino
la complessiva riorganizzazione distributiva e funzionale, nonché di quella
planivolumetrica, del singolo edificio, anche attraverso opere di
parziale o totale demolizione e ricostruzione del volume
originario, fermi restando i preesistenti rapporti urbanistici.
- Le opere rivolte
alla sostituzione e alla modifica del tessuto
edilizio e urbanistico
esistente. Vi sono
comprese la demolizione degli edifici, o di parte di essi, non
compatibili dal punto di vista
morfologico e ambientale o
funzionale con l’insieme del tessuto
urbanistico - edilizio,
o la ricostruzione, parziale o totale,
di edifici distrutti
per eventi naturali o bellici.